Il tesoro della Sicilia è il suo olio. Un oro verde, che tutto il mondo ci invidia, per la sua qualità. L’isola, infatti, è al terzo posto, in Italia, dopo Puglia e Calabria, per la quantità di olio prodotta: circa il 10% dell’intera produzione nazionale, con 700 frantoi censiti ogni anno, per una coltivazione che si estende per il 64% nella zona collinare e il 19% nella montana. Il restante 17% è in pianura.
Un comparto che vale circa 200 milioni di euro, per un business, frutto di una raccolta che, tra ottobre e dicembre dovrebbe superare le 200mila tonnellate molite in 560 frantoi, per 106 mila produttori e 128.500 ettari di uliveti. L’olio d’oliva è il simbolo della produzione siciliana, con più di 100mila aziende che producono annualmente circa 500 quintali.
Il 2021 pare sia stata un’annata record. Una delle più ricche degli ultimi anni, in qualità e quantità, causa, il clima. Con una previsione di circa 40milioni di chili stimati in produzione. Dal 2015, con più di 52milioni di chili prodotti, non si raggiungeva una cifra così consistente. In vendita, al momento, l’olio siciliano ha un prezzo che va dagli 8 ai 12 euro.
Una storia millenaria legata all’olio
Biancolilla, Cerasuola e Nocellara del Belice sono le coltivazioni principali. La Sicilia è, comunque, una delle regioni, con il numero di varietà maggiori, dell’intero bacino del Mediterraneo. Le cultivar catalogate sono oltre un paio di decine, anche se la produzione è ottenuta, soprattutto, dalle cultivar principali.
In particolare, la Cerasuola è una delle cultivar più diffuse. Con una coltivazione tipica nella zona nord-occidentale, nelle zone delle province di Palermo e Trapani. Poca diffusione nella zona sud-occidentale, limitata a Sciacca, in provincia di Agrigento. Le olive Cerasuola non sono da consumarsi a tavola, bensì vengono frante per produrre e vendere olio extravergine.
Il Biancolilla deriva dalla colorazione bianco e lilla delle drupe, le olive, quando giungono a maturazione. È diffusa nell’area centro-occidentale, in particolare nelle province di Palermo e Agrigento. In misura minore, a Trapani. La pianta produce un olio con una bassa acidità e dal gusto raffinato. Il suo aroma è fruttato e delicato, il suo sapore, dolce.
La presenza del Nocellara del Belice risale probabilmente alla Magna Grecia. Questa pianta è ottima sia per la produzione di olio, che per il consumo a tavola. Gli oli prodotti, infatti, hanno ricevuto importanti riconoscimenti, sia in Italia, che all’estero.
Le cultivar presenti negli uliveti siciliani
L’Aitana, a macchia di leopardo, sia in Italia che in Sicilia. Si usa per la produzione e la vendita dell’olio extravergine, e si consuma anche a tavola. Il Bottone di Gallo, destinata interamente alla produzione di olio extravergine. Varietà poco diffusa, nonostante l’olio sia molto pregiato. Il Brandofino, in vendita sotto forma di olio extravergine, e in miscele pregiate di olio d’oliva siciliano. È una varietà diffusa, per lo più, nella zona orientale. Il suo sapore risulta vagamente speziato.
Ancora il Buscionetto, a rischio d’estinzione. Si usa per l’estrazione dell’olio extravergine e la creazione di blend di oli pregiati. È una varietà autoctona, della provincia di Agrigento, ma si trova anche negli oliveti di Trapani e Palermo. La Calamignara, e la Calatina, poco diffusa, si trova principalmente nelle aree di Catania e Caltagirone. La Carolea e la Castriciana Rapparina, originaria di Castroreale, in provincia di Messina, presente nel palermitano.
Il Cavalieri, tipico di Caltagirone e il Citrale. Il Crastu, che nasce sulle Madonie e sul versante tirrenico messinese, e l’Erbano. La Giarraffa, che ha origini molto antiche, si pensa all’epoca dei Sicani, e il Lumiaru. Il Mandanici, nelle zone di Catania e Messina, e in Calabria, che crescere su terreni sabbiosi o con sottosuolo di natura calcarea e con scarsità d’acqua.
La Minuta, cultivar tipicamente messinese, abbondante negli uliveti dei Nebrodi, quasi assente nel resto della Sicilia. Resiste alle basse temperature, si può trovare fino agli 800 metri di altitudine. La Moresca e il Murtiddara. La Nasitana, nata a Naso, in provincia di Messina, e la Nerba. I Nocellara Etnea e Messinese. L’Ogliarola Messinese e l’Ottobratica, diffusa nell’area messinese, resistente alle intemperie e al freddo.
Il Passulunara e il Piricuddara, utilizzata spesso come impollinatrice per la Nocellara del Belice. Il Pizzutella, nelle aree di Catania, Siracusa e Ragusa, e il San Benedetto. Il Santagatese, che produce squisite olive da consumare a tavola. La Tonda Iblea, che può crescere fino a circa 600 metri di altitudine, il Vaddarica e il Verdello.